#BCM2020 - Diario di bordo 15 novembre

15/11/2020

Se dovessi riassumere BookCity 2020 con una parola, sceglierei “sollievo”. In un periodo di pandemie, lockdown, zone rosse e zero vita sociale, l’esperienza di BookCity è stata per me una vera “boccata d’aria fresca”. Trovo che la possibilità di poter partecipare, seppur da remoto, a brillanti interviste e incontri culturali sia, ora come ora, qualcosa di fondamentale, altrimenti rischiamo di chiuderci ancora di più nel nostro guscio, non solo fisicamente (come è già accaduto) ma anche spiritualmente.

La mia prima esperienza a BookCity è iniziata mercoledì 12 novembre con Progettare il museo dell’umanità: un’interessante intervista a Richard Leakey, il quale riflette sul futuro del genere umano con eccezionale lucidità. Molto spesso non ci rendiamo conto, o comunque non vogliamo renderci conto, che le nostre azioni nel presente possono influire sul futuro delle nuove generazioni. Leakey, da tutta la vita, cerca di trasmettere questo messaggio, ovvero che tutte le azioni hanno delle conseguenze.

Giovedì 13 ho assistito all’incontro A Milano crescono sogni, una toccante testimonianza di quello che accade nelle periferie delle grandi città, di come la povertà non affligga solo l’ Africa o i Paesi economicamente meno sviluppati, ma come sia una costante riscontrabile in tutte le società esistenti.

Il successivo evento, intitolato Le imperfette, trattava, attraverso la presentazione dell’antologia di Emanuela Chiriacò e Paola Del Zoppo, l’evoluzione del modello femminile dall’epoca vittoriana (caratterizzata da una fin troppo pedantesca rigidità mentale) a quello della New Woman. Ho trovato particolarmente interessante la scelta di trattare questo tema, peraltro assolutamente attuale, non attraverso un’opera saggistica, bensì tramite una raccolta di racconti scritti da autori famosi, come Virginia Woolf e George Egerton, lasciando quindi al lettore la possibilità di cogliere da solo il senso del messaggio.

Infine, durante la giornata di venerdì 14, ho partecipato a un entusiasmante dibattito fra le tre bookinfluencer Giulia Ciarapica, Francesca Crescentini (alias Tegamini) ed Elena Giorgi (alias La lettrice geniale) sull’influenza che le nuove piattaforme social esercitano sul mercato editoriale italiano.

L’ultimo appuntamento, ma non per questo meno importante - last but not least – è stato Fumetti spaziali: una stimolante dimostrazione di come il fumetto abbia la capacità di fondere generi letterari molto diversi fra loro, come la storia e la fantascienza.

Concludo questa mia riflessione congratulandomi con lo staff di BookCity, perché è riuscito a organizzare una manifestazione splendida nonostante gli innumerevoli impedimenti dovuti al difficile periodo storico che stiamo vivendo. Grazie.

                                            Chiara Marrocco

Ore 9.00: consueta riunione mattutina con le organizzatrici di BookCity Milano. Tutto fila liscio. Tutto va bene.

Ore 10.26: riaccendo il computer per l’evento Oltre la cornice. Alla scoperta di aneddoti curiosi, nascosti in celebri dipinti, che sarebbe iniziata di lì a quattro minuti. Sul simbolo del wifi compare un enorme punto esclamativo. P-A-N-I-C-O. Nessuna connessione. Accendo il cellulare: batteria al 5%. Corro a cercare il caricabatterie.

Ore 10.30: Telefono in carica, hotspot acceso.

Ore 10.31: accedo all’evento. Cristina Giopp e Jacopo Veneziani (entrambi molto attivi sui social con le pagine Instagram @thegirlinthegallery e Twitter @JacopoVeneziani), stanno parlando del quadro La rotonda dei carcerati di Vincent Van Gogh, uno dei numerosi quadri presenti nel libro di Veneziani, Divulgo, presentato durante la conferenza. Attendo qualche minuto e rimango in ascolto. La connessione internet è miracolosamente stabile. Prometto di non muovere il telefono dalla mensola della finestra - unico posto della casa in cui prende - fino alla fine dell’ultimo evento della giornata. Tutto va bene. I minuti passano e io comincio a rilassarmi cullata dagli aneddoti tratti dal libro di Veneziani. Beata tra i quadri che tanto adoro, nemmeno mi accorgo che il tempo passa. La conferenza finisce e passo alla successiva.

Ore 12.00: Il mio wifi continua a fare i capricci, ma l’hotspot dal telefono sembra sicuro e non ci penso più. Come immaginare, costruire e organizzare la libreria di casa con Alessandro Mari comincia. Si parla della prima libreria che lo scrittore si è costruito insieme con il padre falegname, dell’importanza che l’oggetto-libreria ha all’interno della casa, di come ordinarne i libri all’interno e di una curiosità che personalmente ho adorato: riguarda il padre dell’iconologia Aby Warburg (un Dio sceso in terra per noi studiosi d’arte, in poche parole); questi aveva paura a cambiare di posto ai libri della propria biblioteca perché nessuno poteva assicurargli che uno scrittore potesse andare d’accordo con il suo “vicino di copertina”. Adorabile, vero?

Ore 14.47: finalmente il gigantesco e spaventoso punto esclamativo libera dalle proprie grinfie il suo ostaggio: il mio wifi. M-I-R-A-C-O-L-O. Sono finalmente libera di tornare ai miei eventi della giornata senza temere che uno spostamento millimetrale del telefono faccia saltare il collegamento. Appena in tempo per la conferenza A proposito di Elena: una storia diversa.

Ore 15.00: la conferenza inizia. Forse l’ho già detto nei precedenti diari di bordo, ma qui lo ridico: adoro la mitologia greca. Fin dalle battute iniziali l’evento non tradisce le mie alte aspettative: è fantastico venire a conoscenza di altre versioni del mito di Elena, di come la sua storia nella mitologia non si esaurisca con l’episodio della guerra di Troia, ma che vi sia un prima e un dopo. Più alcune versioni alternative della stessa guerra. Prima che la conferenza finisca, senza quasi rendermene conto, l’ordine di spedizione dell’omonimo libro presentato durante l’evento è partita.

Ore 17.00: altra conferenza, altro mito greco. Questa volta tocca a quello del bel Narciso. L’immagine di Narciso dal mito alla clinica racconta non solo del mito in sé, ma dei suoi legami con i disturbi di personalità e la società di oggi.

Ore 19.30: penultimo evento di BookCity Milano 2020. Sento la malinconia iniziare a salire. 50 modi per essere italiani è un dialogo tra il giornalista Edoardo Vigna e il collega Beppe Severgnini per presentare il libro di quest’ultimo, Neoitaliani, diviso in 50 capitoli (da qui il titolo della conferenza), ognuno dei quali descrive una caratteristica nazionale con un po’ di ironia mista alla giusta dose di serietà. Posso affermare con assoluta certezza e convinzione che nei cinque giorni “a spasso” virtualmente per BookCity Milano, questo è stato l’evento che più ho preferito in assoluto. Il riassunto di quest’ora di evento che è volata via come se fossero pochi minuti? “Capitolo 50: Perché sorridiamo nonostante tutto”

Ore 21.00: la mia esperienza a BookCity Milano finisce con Storia e magia nella saga sul Po, riguardante il romanzo esordiente La casa sull’argine di Daniela Raimondi, a sorpresa uno dei libri più apprezzati dell’anno, che narra la vicenda famigliare dei Casadio, attraverso diverse generazioni. Ed è così, fantasticando in diretta Instagram con la scrittrice su quale attore potrebbe interpretare quel determinato personaggio in un’ipotetica serie tv tratta dal romanzo, che termina questa fantastica ed emozionante avventura durata ben cinque giorni.

                                                    Gaia Pesce

Libri. Istruzioni per l’uso. È uno dei libri a cui è stato dedicato un incontro che ho avuto il piacere di seguire anche oggi, durante questa domenica un po’ malinconica, un po’ che profuma di biscotti alla cannella, un po’ che sa di casa. Durante questi giorni di BookCity fa sorridere il pensiero di come tra “noi spettatori” e “loro scrittori, editori, professori, giornalisti”, si sia creato un rapporto quasi a tu per tu, entrando reciprocamente gli uni nelle case degli altri. In effetti da quel piccolo angolo di visuale offerto dalla webcam, alle spalle di chi si apprestava a dare il proprio contributo, si poteva visivamente varcare la porta degli ambienti, dei corridoi, dei salotti o degli studi e notare particolari di arredo, per poi finire a fantasticare su come fosse il resto della stanza o addirittura della casa. Ecco che quegli spazi, così privati e intimi, per un’ora si mettevano alla mercé visiva di tutti: pareti di diverso colore, spesso anche quadri, e poi librerie.. grandi, piccole, strane, particolari, curve, dritte, curiose librerie. Beh, si potrebbe pensare che essendo invitati a BookCity sia scontato, quasi doveroso, doversi collocare nell’angolo della propria casa dove ci siano dei libri; inizialmente l’ho pensato anche io, ma mi sbagliavo.

A farmi cambiare idea è stato Alessandro Mari, autore di Libri, istruzioni per l’uso, il quale, per la presentazione di questo suo curioso “manuale”, ha scelto di proiettare l’angolazione della propria webcam in un punto vuoto della stanza, cosicché l’unico elemento visibile alle sue spalle fosse un angolino del soffitto. Nessuna mensola o piccolo ripiano di appoggio visibile, proprio lui decide di non esporsi, lui, che nel suo libro, dà preziosi consigli su come esporre e sistemare la libreria di casa. Per comprendere la scelta di Mari, si deve partire dai libri: che siano comprati nel negozietto dietro l’angolo, ricevuti come regalo per l’onomastico o trovati abbandonati in un vecchio scatolone, dall’istante in cui entrano in casa, “diventano nostri coinquilini” e come ogni ospite che si rispetti, hanno bisogno di una giusta collocazione, angolo o comò che sia. Proprio in questo modo si vanno componendo le librerie, accumulando “coinquilini”, fino a che questo grande “ecosistema” non vivrà di vita propria e racconterà di noi senza dover parlare. Si svelano in un solo colpo d’occhio i nostri gusti, gli interessi di una vita, la formazione del passato e il lavoro del presente. Eccola qui, io la vedo e la percepisco la magia di una libreria e finalmente comprendo che la predilezione di Mari per quell’inquadratura di webcam, così neutra e apparentemente insensata, si rivela essere una scelta giusta, ponderata e rispettosa nei confronti di se stesso, di noi spettatori e delle nostre aspettative.

Il libro ha questo potere, lo ha da sempre e continuerà ad esserne portatore: è una personale e significativa carta d’identità ma, come tale, potrebbe essere non sempre “originale”.

                                                Chiara Diegoli

Seduta nella mia poltrona, il mio posto in casa e per BookCity, mi preparo agli ultimi due eventi a cui avrò il piacere di assistere, Giona, un uomo in fuga e Voltare pagina.

Mi sono ritrovata in uno di quei rari momenti in cui io e una persona fortemente credente - in questo caso Benedetta Tobagi - condividevamo quasi perfettamente la visione e l’interpretazione della Bibbia. Durante l’evento si è parlato del libro di Giona, di come questo profeta fosse l’unico a non voler ricoprire il ruolo che Dio aveva deciso fosse suo, l’unico a essere, inizialmente, scappata dalle sue responsabilità. Ammetto che Giona mi è sempre piaciuto come personaggio, un uomo perso nella vita, incapace di accettare il suo destino, credendo di essere incapace di sopportare il peso della parola di Dio; magari pensava di vivere una vita diversa, magari voleva vivere avventure più semplici.

“Due parole ha detto Dio, una ne ho udita”: quanto è moderna questa frase, rincuora - evidentemente gli uomini sono stati soggetti difficili fin dall'inizio della loro esistenza. Forse siamo sempre stati troppo concentrati su noi stessi per ascoltare per intero ciò che gli altri ci dicono. L’autrice ha espresso una visione molto bella su cosa potrebbe significare essere profeti, su cosa potrebbe volerci comunicare la Bibbia; sosteneva che ognuno di noi è chiamato a vivere la propria verità e poi a realizzare i propri talenti, ognuno deve fare ciò che può per dare il meglio di sé su questa Terra. Eppure non riesco a notare la contraddizione che persiste nella vita dell’uomo: cosa siamo? Esseri incapaci di ascoltare gli altri e quindi sbagliati perché egoisti o esseri creati per essere egoisti e vivere appieno una vita con la speranza che sia bella?

“La Bibbia è attraversata dal mistero del male e noi siamo gettati su questa Terra, che è infatti piena di gente che sbaglia” è stato detto, la mia confusione non può che aumentare.

Aspetto il secondo evento sperando che il mistero non si infittisca, e invece succede.
Le parole “voltare pagina” solitamente indicano un cambiamento radicale, Massimo Recalcati mi ha permesso di capire che ancora una volta pensavo di aver compreso e invece mi ero fermata alla superficie, al popolare, al semplice. “La lettura implica necessariamente voltare la pagina, un tempo progressivo. Possiamo pensare che la nostra esistenza abbia la forma di un libro stampato, siamo fatti di pagine di gioia, d’amore, di dolore, di solitudine, di profumi. La differenza tra la nostra vita e un libro è che nessuno di noi è l‘autore del proprio libro. Siamo scritti dall’altro.”

In queste giornate di BookCity ho scelto di assistere a eventi che riflettessero sulla filosofia, sulla spiritualità e sulla psicologia; ho ascoltato molte versioni vere ma tutte diverse, se non opposte, fra loro. L’ultimo evento termina e io mi ritrovo sulla mia poltrona; mi sento ricca, ricca di idee, ricca di parole ma totalmente spaesata e confusa, incerta su ciò che dovrei, potrei e vorrei pensare. Il mistero del senso della vita, d’altronde, non poteva non essere così mal nascosto.

                                             Benedetta Caccamo

È il primo anno che seguo BookCity, perché le scorse edizioni trovavo sempre gli eventi super affollati, cosa che ora non è possibile dato che, causa Covid, siamo tutti a casa collegati ai computer. Grazie a un vasto palinsesto, mi sono fatta una lista di appuntamenti da seguire. Ho scelto eventi di diversi argomenti perché non ho un genere preferito di letture ma vado a periodi, poter scoprire nuovi temi mi ispira molto e a BookCity ho trovato di tutto. Sono laureata in Scienze dei Beni Culturali, quindi mi interessa l’arte e tra i vari appuntamenti non potevo non considerare quello dedicato al grande Philippe Daverio. Commovente e molto interessante, mi ha fatto conoscere questo personaggio attraverso momenti di vita privata. Ma lo stesso vale per l’evento che sto seguendo oggi, dedicato a Vincent Van Gogh. Si tratta della presentazione del libro a lui dedicato Van Gogh. L’autobiografia mai scritta tratto dal suo vasto epistolario. Attraverso lettere e studi si sfatano alcuni dei luoghi comuni che vedono Van Gogh protagonista. Lo scrittore, Marco Goldin, racconta la vita di questo artista facendone trasparire ciò che era realmente, i suoi sentimenti e le sue passioni. Per tutti noi, il primo lockdown è stato pesante e, per sentir meno il peso di questa chiusura, abbiamo rispolverato vecchie passioni - il famoso lievito - e magari ci siamo messi a scrivere un libro a cui pensavamo da tempo. È stato così anche per Goldin che in quel periodo ha trovato il tempo per scrivere e rileggere tutto l’epistolario di Van Gogh (ben 820 lettere). Pare un libro ben diverso da quelli che ho dovuto studiare, che dà un’idea nuova di questo pittore, dove vita e arte si intrecciano e convivono in un’unica figura. Si parte dall’idea della pazzia di Vincent, che dalle lettere pare non aver poi tanto fondamento. Durante la sua permanenza nella casa di cura per malattie mentali, scriveva al fratello di come si tenesse in disparte dagli altri malati, perché sapeva di non essere come loro. Qualcosa che nel cinema viene, a quanto pare, reso più drammatico di quanto in realtà non fosse. Un altro falso che emerge sono i pessimi rapporti con la famiglia. Qui si parla di un’infanzia serena e di amore, dove i sei fratelli passavano i pomeriggi nei giardini in cui la madre insegnava loro l’amore per la natura e i fiori. Proprio in questi momenti Van Gogh guardava quei nidi sugli alberi che poi diventeranno parte dei suoi dipinti. Anche l’aspetto amoroso si ritrova nelle lettere. Emerge il rammarico per non esser riuscito a creare una famiglia come quella che aveva avuto. Van Gogh avrebbe voluto sposarsi e avere figli ma la sua eccentricità caratteriale non glielo permise. Certo è che ebbe grandi amori: uno importante con una prostituta che poi diventò sua modella e con cui andò a convivere, particolare molto noto. Ciò che non sapevo e che mi ha stupito è che quando questa donna ebbe il suo secondo figlio, Vincent scrisse emozionato al fratello, come se quel figlio fosse suo! Un aspetto molto umano che non immaginavo. Non solo mi colpisce ciò che è emerso dalle lettere, ma anche un particolare su come questo libro sia stato realizzato. Goldin ha creato 700 pagine di storia scrivendo sempre a mano. In quanti ancora si metterebbero a scrivere a mano e non al computer? Il pensiero di una persona seduta nel suo studio, con carta e penna, mi fa pensare di poter riviver il fascino dei tempi passati e penso che, se si potesse leggere il manoscritto e non il libro stampato, si potrebbe vedere un Van Gogh ancora più affascinante.

                                                Gloria Longhi

Ultimo giorno di BookCity, il mio primo BookCity.

Il primo evento che ho in calendario è L’enigma della natura, in cui Joël Dicker, scrittore ginevrino, dialoga con Anais Ginori. Il titolo di questo incontro è basato sull’ultimo romanzo dello scrittore, L’enigma della camera 622, che come tutti i suoi romanzi ho divorato. Durante la conversazione, parla della sua relazione con la natura e di come fin da piccolo sia stato molto legato ad essa, di come vede il rapporto tra scrittore e lettore, di come nelle sue storie i paesaggi siano personaggi a tutti gli effetti - esistono, hanno una identità propria – e anche di ecologia e responsabilità. Poi la conversazione si sposta sul suo ultimo romanzo, in cui il paesaggio è sempre confortante e gradevole, perché che anche nei momenti più brutti, l'autore pensa che l'atmosfera debba essere positiva. Dicker racconta di come, a suo parere, uno degli scopi della letteratura sia quello di riuscire a dare al lettore una via di fuga da un mondo che talvolta può essere sgradevole. Racconta anche della presenza di un suo alter ego nel libro e del rapporto con il suo editore, Bernard de Fallois, a cui ha voluto dedicare un omaggio inserendolo nel volume che ha scritto subito dopo la sua morte.

Il secondo evento della giornata è Ogni storia d'amore è diversa a modo suo: situazioni di vita quotidiana e inciampi d'amore, con Dario Matassa e Sofia Viscardi. Dario Matassa è un giovane autore bolognese che si esprime sul web tramite il podcast e il blog SecondDario e il cui libro d’esordio “Non ti ho mai chiamato amore, ma ti ho pensato tale" è uscito quest’anno. Dario e Sofia hanno parlato del perché lui scrive, della volontà di documentare e fermare le cose, dell’effetto di vedere i propri pensieri in una forma così concreta e dell’amore, questo amore che Dario descrive nel libro come fatto di sospensione e intensità.

                                            Alice Nguyen-Trinh