#BCM22 DIARIO DI BORDO - 18 NOVEMBRE

18/11/2022

Toponomastica del cuore

Non ho mai avuto nel cuore Milano, eppure venerdì 18 novembre ho avuto l’impressione che Milano mi abbia aperto un poco il suo.

Ho deciso di partire dal Castello Sforzesco perché avevo l’impressione che il sangue di BookCity cominciasse a fluire da lì, e nulla, o quasi, mi ha smentita. Arrivata nel cortile, ho intercettato subito la postazione di RadioPopolare che nel primo pomeriggio trasmetteva in diretta “Considera l’armadillo” di Cecilia di Lieto; l’ospite era Manuela Mariani con le sue filastrocche zoologiche. Seduta nel Cortile della Rocchetta mentre aspetto l’inizio del primo evento del (mio) pomeriggio rimango ad ascoltare: il sole caldo ha risvegliato i turisti, mescolati al pubblico di BookCity e alle maglie dei volontari. Si distinguono lingue variegate, accenti, alfabeti che si attorcigliano con le spire del vento leggero del pomeriggio e delle rime di Gli animali non mangiano pastasciutta. Prima ancora che me ne renda conto, mentre sono solo appoggiata all’ingresso del Cortile, Milano mi ha già dato un assaggio di complessità: termini che da bambina faticavo a comprendere e pronunciare come “ermafrodito” mi arrivano all’orecchio sotto forma di cantilena musicale rendendo sonoro e melodioso anche l’amalgama di chiacchiere, passi, richiami animali e umani.

È quasi ora del primo evento, la presentazione del podcast Audible Cadaveri eccellenti dello storico Miguel Gotor accompagnato oggi da Marcello Flores. Gotor e Flores aprono ancora un po’ di più i miei occhi, ma stavolta in un’altra direzione: è sempre Milano e la storia italiana di cui fa parte a darmi la chiave, questa Milano che mescola lusso e povertà, eccezionale e normale e che vive della stessa contraddizione dialettica tra alto e bassso che governa anche i meccanismi storico-politici della nostra Storia recente. È per e a causa di questo meccanismo che le morti di personaggi notabili quali Vittorio Occorsio, Giorgio Ambrosoli, Piersanti Mattarella, Walter Tobagi e Carlo Alberto Dalla Chiesa scandiscono gli anni ’70 che nel bene e nel male hanno contribuito in modo determinante a renderci il Paese che siamo oggi.

Esco da quella che è stata un po’ una lezione di storia e molto una lezione di prospettiva: come devo guardare il mondo che mi circonda? E se fino a ora mi fossi fermata troppo in superficie? È davvero tutto così semplice e proprio per questo così complesso da comprendere e difficile da sciogliere? Guardo le strade di Milano che ho percorso negli ultimi mesi di studio qui e comincio a domandarmi come la Storia abbia interagito con le persone di cui incontro i visi, con i palazzi che circoscrivono questi vicoli e con i nomi di queste vie.

Arrivo al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci e incrocio il sorriso di Ruggero Rollini: presenta il suo libro C’è chimica in casa, insieme a Simone Angioni. Abbiamo più o meno la stessa età e mi viene naturale chiedermi come quella Storia lo abbia fatto arrivare lì, perché io sia qui a scrivere della sua attività di chimico-divulgatore e di questo incontro, mentre lui è dall’altra parte a parlare di cenere, soda e tensioattivi. Chimica e anni di piombo sembrerebbero non avere punti di contatto, eppure la capacità divulgativa di Ruggero Rollini e la semplicità con cui coinvolge nelle spiegazioni il pubblico attento amplifica quell’effetto di apertura che l’incontro di Gotor aveva innescato. Uscendo per spostarmi all’Auditorium del museo tutto appare diverso, una stratificazione che comprende tanto le singole molecole che compongono l’intonaco dei palazzi, quanto i pezzi di calce caduti per sparatorie, usura, ristrutturazioni.

Trovo posto in Auditorium e Alessandro Bergonzoni entra in sala senza che nemmeno il pubblico se ne accorga. I suoi giochi di parole spalancano definitivamente la finestra e la realtà si decostruisce spezzettandosi per poi assumere una forma differente, in parte nuova, in parte riconoscibile. Anche qui si delinea, tra lettere spostate e preposizioni aggiunte e disgiunte, il rapporto tra alto e basso, potente e indifeso, che struttura il reticolo della nostra società, di tutta quanta la realtà - di fatti e di parole - in cui siamo immersi.

È buio ormai, esco dal museo per cercare un caffè aperto e sedermi a scrivere; ho paura che i pensieri e le idee stimolate da queste ore si sparpaglino per le vie in cerca di connessioni con questa città. Mi guardo attorno e mentre il bar si svuota e io ripongo nella borsa il mio pass volontari BookCity, mi rendo conto di cosa ho visto oggi: Milano è un intero ecosistema, un sistema di organi e storie nel cui intreccio ci si perde solo se si tiene lo sguardo fermo.

                             Camilla Adelaide Sguazzotti